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Fotostiftung Schweiz
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Grüzenstrasse 45
8400 Winterthur
+41 52 234 10 30
Elisabeth Brühlmann, Marie Ottomann-Rothacher bei der Arbeit im Atelier von Hans Peter Klauser, Zürich, 1960 © Elisabeth Brühlmann Sarlo / Fotostiftung Schweiz

Donne. Domande. Archivi Fotografici.

Fotostiftung Schweiz
28.02.2026–14.06.2026
Vernissage
Venerdì 27.02.2026, ore 18.00
Ritorno

Per molto tempo la storia della fotografia svizzera è stata prevalentemente una storia al maschile, tramandata con una prospettiva maschile. Dei circa 160 archivi presenti nella Fotostiftung Schweiz solo 26 sono riconducibili a donne. Questi archivi sono molto diversi tra loro, come lo sono le stesse autrici e le loro carriere: alcuni appaiono frammentari, altri mostrano un chiaro sviluppo. Nonostante alcune autrici siano riuscite ad affermarsi in un settore di dominio maschile, rimasero spesso all’ombra dei loro colleghi, formatori e mariti. Anche le fotografe amatoriali più privilegiate, in grado di realizzare immagini tecnicamente perfette e documenti storici impressionanti, senza difficoltà economiche, rimasero marginali nella storiografia della fotografia svizzera.

La mostra Donne. Domande. Archivi fotografici. si concentra su sette archivi del periodo tra il 1900 e il 1970. Un collettivo di curatrici della Fotostiftung Schweiz esplora le particolarità e le similitudini di questi archivi e le condizioni in cui lavoravano le loro autrici. In che misura quello della fotografa era un lavoro femminile? In che modo i ruoli prestabiliti, le strutture economiche o gli obblighi famigliari hanno influenzato il lavoro e il riconoscimento di queste donne? Come si rispecchiano queste condizioni nei loro archivi e perché questi hanno ottenuto così poca visibilità? Come si possono gestire le lacune negli archivi e nelle collezioni della Fotostiftung Schweiz?

Anny Wild-Siber (1865–1942) imparò da autodidatta le prime tecniche di riproduzione fotografica a colori come l’autocromia e l’uvacromia. Per riprodurre le sue immagini di paesaggi e nature morte, da presentare alle esposizioni e ai concorsi internazionali, si avvalse anche delle tecniche di stampa elaborate, tipiche del pittorialismo.

Gertrud Dübi-Müller (1888–1980) era una donna benestante con una vita indipendente. Si fece un nome come collezionista e mercante d’arte, ma anche come fotografa di Ferdinand Hodler e Cuno Amiet. Inoltre, con la sua fotocamera stereoscopica documentò escursioni in montagna, la vita sociale e l’occupazione dei confini nel 1914.

Marie Ottomann-Rothacher (1916–2002), terminato l’apprendistato, venne assunta nello studio fotografico di Heiri Steiner e Ernst A. Heiniger. Nei fine settimana liberi realizzava reportage per Pro Juventute e fotografava la sua vita famigliare. A partire dal 1957 lavorò come assistente per vari studi.

Margrit Aschwanden (1913–2004) proveniva da una famiglia di fotografi del Canton Uri. Completò il suo apprendistato presso lo studio del fratello nel 1936. Nel 1941 ottenne il diploma professionale superiore al Politecnico federale. Nel 1944, prima di aprire uno studio a Flüelen assieme alla sorella, fotografò le colonie per i bambini francesi organizzate dal Soccorso ai fanciulli della Croce Rossa Svizzera.

Hedy Bumbacher (1912–1992) studiò storia, psicologia e biologia a Zurigo, Roma e Gottinga e partecipò infine a un corso di fotografia al Politecnico di Zurigo. Dal 1937 al 1945 lavorò come fotoreporter per Pro Juventute. I suoi scatti, raccolti nei villaggi di montagna svizzeri, servirono da materiale illustrativo per il Fondo per lo sviluppo agricolo e l’Aiuto svizzero alla montagna.

Leni Willimann-Thöni (1918–2002) ottenne il diploma di fotografa nel 1940, alla scuola di arti applicate di Zurigo. A partire dal 1941 lavorò insieme al marito, il tipografo Alfred Willimann. Nel 1960 uscì il libro Muscheln. Ein Wegweiser zu ungeahnten Sammlerfreuden  (Conchiglie. Una guida alle inaspettate gioie del collezionismo) con le sue fotografie, influenzate dallo stile della Nuova oggettività.

Anita Niesz (1925–2023) frequentò la classe di fotografia della scuola zurighese di arti applicate negli anni Quaranta e pubblicò i suoi reportage sulla rivista svizzera Du a partire dal 1949. Le interessava incontrare le persone e apprezzava lavorare per associazioni come l’Organizzazione svizzera d’aiuto ai rifugiati e Pro Infirmis.