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Fotostiftung Schweiz
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Grüzenstrasse 45
8400 Winterthur
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Hugues de Wurstemberger – Pauline & Pierre

02.10.2010–13.02.2011
Fotostiftung Schweiz
Ritorno

Hugues de Wurstemberger – Pauline & Pierre

02.10.2010–13.02.2011
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Hugues de Wurstemberger (*1955), fotografo svizzero che vive a Bruxelles da più di trent’anni, è conosciuto al pubblico svizzero grazie all’esposizione di un reportage sul Sahara occidentale presso il Fotomuseum Winterthur nel 1994, e per la sua opera intitolata Paysans (1996). Pauline et Pierre, il libro pubblicato a Bruxelles nel 2005, non ha invece destato molto interesse in Svizzera. La Fotostiftung Schweiz ha ora il piacere di presentare a un vasto pubblico una mostra a lui dedicata e inedita per la sua comprensività: Pauline & Pierre.

Inizialmente un libro, in seguito un’esposizione, Pauline & Pierre è senza dubbio il lavoro che ha occupato Hugues de Wurstemberger (o H2W, abbreviazione scelta da lui stesso) più lungamente. Quella che egli definisce come una “cronaca lacunosa di famiglia” – centrata in particolare sui figli – lungo il filo del tempo, viene a formare un racconto frammentario oscillante tra i due figli e la nonna, il mare e i monti, il mondo acquatico e quello vegetale o minerale. Il progetto nacque verso la fine degli anni ’80, all’epoca della nascita della figlia Pauline e al termine del suo primo grande lavoro sulla Guardia Svizzera Pontificia. Trae anche ispirazione dal ricordo di François, il nipote scomparso in montagna, e dal ciclo della vita e della morte. In quel periodo H2W iniziò una ricerca fotografica sul mondo contadino delle prealpi friborghesi, che fornì il materiale per Paysans. L’interesse per il mondo rurale lo condusse durante gli anni ’90 in Francia, nella Somme, nel Portogallo meridionale e nelle zone aride dell’Etiopia. I lunghi periodi passati lontano dalla famiglia, nel “deserto sovraesposto” in Africa o nel “coma della camera oscura”, le separazioni e le assenze frequenti lo spinsero a conservare le tracce della vita di famiglia attraverso immagini che più tardi confluirono in Pauline & Pierre.

Questa preoccupazione per l’intimità della sfera privata può sembrare sorprendente in un fotoreporter membro della prima ora dell’agenzia VU’ e abituato a trattare temi da rubrica internazionale. Eppure già Michel Guerrin, in “Au-delà de l’évidence” (Paysans, 1996), aveva notato che l’autobiografia occupa uno spazio privilegiato nell’opera di H2W, che racconta come un giorno d’estate del 1977 divenne fotografo ritraendo la madre e la sorella sdraiate in un prato di fiori delle montagne della Groviera. L’aneddoto, sia esso veritiero o affabulato, contiene comunque due elementi importanti dell’opera futura di H2W: la famiglia e i paesaggi. Dieci anni più tardi, in Pauline et Pierre, il fotografo ritorna du quel momento: “Nel 1977 lascio Friborgo portando con me qualche foto di mia madre e di qualche paesaggio che amavo”.

Per H2W – così come per la fotografa americana Sally Mann – la famiglia e l’ambiente in cui vive rappresentano temi centrali. Ma mentre Sally Mann tende a separarli includendoli in lavori distinti (Immediate Family / MotherlandDeep South), H2W li unisce, li fa dialogare o li mette a confronto. Sia che si tratti di contadini, della famiglia o di paesaggi, i ritratti e i paesaggi si intrecciano, gli individui vengono ancorati all’ambiente in cui vivono, la loro identità si definisce attraverso il rapporto con il loro ambiente. I reportage sulle lotte territoriali dei Sarahui, dei contadini etiopici, zambiani o friborghesi, rispecchiano alcuni aspetti della propria storia familiare. Il padre di H2W, un ingegnere agronomo vicino alla cultura sufi che viveva con la famiglia in Algeria, dovette abbandonare tutto nel 1962: “La famiglia fugge. […] Al porto tutta Marsiglia fischia contro i piedi neri [i rimpatriati francesi d’Algeria, n.d.t]. Abbiamo perduto tutto, si rientra a piedi. Tanto meglio” (Pauline et Pierre). Infatti, meglio così: “I prati del Pays-d’Enhaut sono perfetti per un pisolino”, dice H2W in Pauline et Pierre, aggiungendo: “Ci inerpicavamo [su queste montagne] già prima che cominciassi a fotografare”, come per sottolineare il rapporto diretto e quasi carnale con la terra che rappresenta una buona parte della sua identità.

L’autobiografismo nelle opere di H2W non assume la forma di una messinscena del proprio io (solo a volte, vagamente), ma quella di un forte interesse per l’ambiente immediato. Nel giornale intimo in cui rappresenta l’esperienza di ausiliario presso la Guardia Svizzera Pontificia è documentata fotograficamente e soggettivamente un’istituzione percepita dal suo interno. Pauline & Pierre, il “quaderno di annotazioni strappate al tempo”, inizia in modo analogo: senza troppo preoccuparsi di un ordine cronologico, chi scrive si sofferma su persone colte in momenti d’abbandono o distensione, ma anche di grande intensità, di gioia o di noia. Le fotografie parlano del bisogno di vicinanza, oppure di emancipazione, di isolamento, di evoluzione e di declino. Si vedono bambini e adulti in contemplazione, perduti in fantasticherie, mentre osservano le cose. A volte i visi si sottraggono allo sguardo, si ritirano nell’imprecisione di forme sfocate, come di fantasmi onirici che vogliano rappresentare delle identità fragili, non delineate, in procinto di scomparire. In alcune fotografie le cose, le persone, sono immerse in una luce inquietante, vi si evoca l’universo enigmatico e ambiguo delle favole. In altre immagini si esplora il mondo dell’infanzia con i suoi giochi in cui si mischiano il travestimento e l’immaginario e si intrecciano delle storie crudeli di punizione, di morte e di resurrezione. Nel loro insieme esse raccontano lo scorrere del tempo, il decadimento, la finitezza che contrasta con la perennità della terra, della pietra. I paesaggi – canali, montagne, stagni, sottoboschi misteriosi o foreste fantastiche – rispecchiano la fragilità del destino umano o le oppongono la loro permanenza e la loro fredda immutabilità.

Pauline & Pierre ha affinità con un abecedario, grazie ai suoi riferimenti all’infanzia, alla ricerca ludica delle parole e della loro rappresentazione per immagini. È anche un tentativo di mettere ordine nella confusione delle idee. delle parole e delle cose. Le inquadrature spesso ristrette centrano i soggetti e le composizioni giocate su linee chiare sembrano mimare questa volontà di semplice nominazione: l‘altalena, il fungo, la bambina, il bambino, l‘uccello.

I fotografi, e gli artisti in generale, ci hanno abituati a partecipare a determinati aspetti della loto vita privata, ricorrendo volte a immagini deliberatamente amatoriali, fingendo di non padroneggiare la tecnica per aumentarne il grado di autenticità. H2W ha scelto il percorso diametralmente opposto: le sue fotografie ottengono la loro veridicità grazie alla loro dimensione universale, al formato rigorosamente quadrato, alla fedeltà al bianco e nero e dunque all’esclusione dell’aneddotico. Il quotidiano familiare, caotico e caduco, viene stabilizzato e ordinato. L’armonia delle tonalità del grigio sottrae alla realtà le sue stonature spigolose. Ne risultano una visione quasi archetipica, una rappresentazione ideale della famiglia e dell’infanzia. Ogni fotografia è compiuta in se stessa, racconta la propria storia, eppure dialoga con le altre. La grande ricchezza delle tonalità invita a una lettura piuttosto lenta, lo sguardo si sofferma nella materia e ripete l’esperienza del fotografo, come osserva il critico Michel Guerrin: “Queste fotografie sono il risultato di un lavoro fisico: non si tratta di prodezze atletiche, ma di un incontro risoluto con i corpi, le materie, i paesaggi, gli ambienti”.

Hugues de Wurstemberger è sempre alla ricerca di un momento di grazia, di immagini che trascendano l’istante banale trasferendolo in un contesto più ampio: l’infanzia e la famiglia di Pauline e Pierre, che sono un po’ anche le nostre, quelle che forse avremmo desiderato.